BOURREAU

Ritratto immaginario di Charles-Henri Sanson




Una sorta di poesia in prosa, per narrare di Charles-Henri Sanson, il boia per mano del quale caddero molte teste, anche importanti, tra cui Luigi XVI e Maria Antonietta.




Il mio nome è Charles Henri Sanson.

Boia, mi chiamarono.

Giustiziere, precisai io.

Mio nonno iniziò, mio padre continuò, e così feci io, e dopo di me il figlio mio.

Molte teste feci cadere, squartate, agonizzanti, gli occhi vitrei ancora danzanti.

Mi arricchii così, sulla testa di molti.

Milletrecento teste in tre giorni.

Ma patii anche io, su quel palco funesto, quando mio figlio, mostrando orgoglioso la testa mozzata, mettendo un piede in fallo, cadde e perì.

Anni dorati per le mie tasche, anni di terrore per quelle teste mozzate.

Robespierre cadde per mano mia, e così molti altri.

Ma quando, infine, toccò a Luigi Capeto, troppo grande fu l’emozione.

Tremante, la testa mal posizionai e di netto, malamente, il collo gli tranciai.

Urlò a dismisura il poveretto, e mai lo dimenticai.

Il popolo gridò, festante, esultante, per la fine del Re.

 

Poi fu la volta della Regina, che tutti acclamavano con gli insulti più turpi.

I bianchi capelli, tagliati più corti, il collo scoperto alla lama pronto.

La guardai.

Mi guardò.

Salì su quel palco e un piede mi pestò.

“Pardon, Monsieur.”, la Regina si scusò.

Il niveo collo lentamente posai, la lama impaziente veloce abbassai.

Cadde, Sua Maestà, nella cesta regale.

Lesto l’afferrai, e alla folla raggiante la mostrai.

 

La sorte mi diede l’allegro diletto di esser l’unico a usar la mannaia su un capo regale.

Quale onore concesso mi fu!

 

Boia, assassino, abietto.

Tanti i nomi con cui fui chiamato.

Ma con questo lavoro fui ben pagato.

Abbiate pietà, se potete, non ho fatto altro che il mio dovere.

 

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