SUD
«Dopo la conquista del Polo
Sud da parte
di Amundsen che, per pochi giorni, aveva preceduto la spedizione britannica di Scott, restava una sola grande impresa
dell'esplorazione antartica -- l'attraversamento del continente bianco da mare
a mare.»
(Ernest Shackleton, “Sud”)
Ghiaccio.
Nient’altro che ghiaccio.
Attorno a te, il pack senza fine che si
estende all’orizzonte, fin che misero occhio umano può vedere.
Sopra di te, cristalli freddissimi
impazziti, temperature disumane, inadatte all’uomo, piccolo, miserabile, fugace
come la vita.
Dentro di te, paura, irrazionalità.
Follia, forse.
Eppure, dovevi farlo, dovevi andare.
Dovevi osare, sfidare la sorte attraversando la Terra sconosciuta immersa nei
ghiacci, l’Antartide affascinante e misteriosa, che attirò anche Amundsen e
Scott, spingendoli al limite, fino al Polo Sud, donando onore e gloria al
primo, privazione, miseria e morte al secondo.
Terrore.
L’avrai provato.
Possiamo solo immaginarlo, noi uomini
moderni.
Ma forse no.
Eri coraggio, tu. Impavido hai resistito
alle forze avverse di Madre Natura, mai perdendoti d’animo, nemmeno quando
tutto cospirava a favore della disfatta.
Tremendo sarebbe stato perdere anche uno
solo dei tuoi uomini.
Tragedia non contemplata dal tuo
vocabolario.
Eri vittoria.
Eri rivincita.
Eri splendore.
Sognavi di percorrere a piedi il
Continente di ghiaccio, ma terribile fu la delusione quando quel ghiaccio che
tanto bramavi stritolò tra le sue ardenti fauci l’Endurance, la nave che fin lì
ti aveva condotto.
Errore inatteso.
Sventura.
Infamia.
Mesi bloccati nel bianco accecante, mentre
i viveri venivano tragicamente consumati e l’ombra della sconfitta, insieme
alla morte, si affacciava all’orizzonte.
Ma non potevi perderti d’animo.
Oh no!
Non tu.
I tuoi uomini meritavano un capitano
coraggioso, e tu eri questo, nient’altro che questo.
Non ti sei lasciato abbattere nemmeno
quando hai dovuto arrenderti all’evidenza. Il Mostro bianco avrebbe vinto su di
te, sulle tue speranze, sui tuoi sogni di gloria.
Il Mostro bianco, affamato ed ingordo, stava
per nutrirsi della tua nave, di quel legno odoroso, calore avvolgente.
Il Mostro avrebbe distrutto ciò che
l’Endurance era: casa.
Destino tremendo ed ineluttabile.
Che fare?
Arrendersi, impossibile.
Morire?
Giammai!
Nessun soccorso era possibile, laggiù.
Potevi contare solo su te stesso, sul tuo coraggio, sulla tua forza d’animo.
Se penso all’arrendevolezza dell’uomo
moderno, vittima inerme delle sue stesse paure! Qual differenza con un uomo
d’altri tempi quale tu eri! Incredibile mostro di coraggio e audacia, avventuriero
che non si è mai arreso.
Hai lottato, obbligando l’equipaggio
all’abbandono di una nave in punto di morte. Come una figlia, per te. La vostra
salvezza, la vostra speranza, soffocata dal ghiaccio incombente, durissimo,
spietato, implacabile e impietoso.
Nulla potevi contro le forze di sua Maestà
la Natura, che ha avvolto tra le sue spire diaboliche l’amata Endurance,
stritolandola nella sua morsa fatale e ghiacciata, conducendola negli abissi
oscuri e misteriosi di quel mare sconosciuto e letale.
Che fare, dunque, se non armarsi di
coraggio e affrontare quella sfida inaspettata, nuova, terribile e al contempo
affascinante?
Hai giurato, non avresti perso nemmeno un
uomo. Il fallimento non era contemplato, perché il tuo nome era Ernest, l’eroe
del ghiaccio. Ciascuno di quegli uomini impavidi avrebbe fatto ritorno in
Inghilterra, riabbracciando moglie e figli.
La morte, lontana.
La vita, un filo sottile al quale
aggrapparsi con le unghie e con i denti.
Non era il momento di mollare.
Così hai radunato tre scialuppe ed è
iniziato il viaggio. Uomini e cani, alla deriva sul pack bianchissimo e
mortale. Sotto quella sottile lama di ghiaccio, il mare, l’abisso, la morte.
Ora non restava che raggiungere la
terraferma.
Un viaggio lunghissimo, su quel mare
insidioso, sul ghiaccio tremante e perfido. Bastava un niente, un passo falso e
la morte vi avrebbe catturato, trascinandovi con sé.
Ma la stanchezza cominciava a farsi
sentire, giorni di cammino, le provviste sempre più scarse.
La decisione più difficile, sacrificare i
cani.
Decisione orribile, tremenda e coraggiosa.
Hai obbligato i tuoi uomini a compiere
l’atto crudele, indispensabile per la sopravvivenza.
Animali tanto amati, amici, compagni di
viaggio, sacrificati in nome della salvezza.
O loro, o la morte.
Hai scelto loro, com’era naturale.
Naturale, ma terribile.
Ma non hai battuto ciglio, perché questo
eri, l’eroe di un mondo che non esiste più.
Vi salvarono la vita, quei compagni di
viaggio.
Finalmente, mare aperto. Vi siete
imbarcati su quelle acque sciagurate, piene di insidie forse perfino più del
pack. Il temibile mare di Weddel, tra i più tempestosi della Terra.
Soli, assiepati su tre misere imbarcazioni
in mezzo a quell’inferno liquido che, lo sapevi, non avrebbe avuto alcuna pietà
di voi.
Carne di foca il vostro cibo, ghiaccio da
sciogliere la vostra bevanda.
Nel cuore, coraggio e speranza.
Quale rotta?
Decisione indiscutibile, la terraferma più
vicina, l’Isola dell’Elefante.
Meta agognata e disperata, saresti
riuscito a raggiungerla?
Giorni in balia delle onde, nel mare in
tempesta, lottando contro i conati di vomito, lottando per non soccombere.
Onde alte, altissime. Muri d’acqua mai
visti prima.
Hai continuato a lottare, disperato,
rifiutandoti di arrenderti. Sapevi che i tuoi uomini avrebbero seguito te, solo
e soltanto te. Eri il leader, il maestro incontrastato.
Non potevi vacillare come quella misera
barca sotto di te.
No.
Dovevi mostrare la tua forza dinanzi a
loro, dinanzi a quell’oceano terribile che urlava, la voce di Dio che ti
invocava, come una Sirena dalle fauci spalancate in un canto sublime e letale, che
mai più ti avrebbe permesso di fare ritorno.
Dovevi essere forte, o sarebbe stata la
fine.
Per tutti.
Ed ecco, dopo sette incredibili giorni di
strenua lotta, finalmente… Terra!
Sei approdato sull’isola, gioia
indicibile, lacrime di dolore, speranza, vittoria.
La salvezza era a portata di mano. Ma un
nuovo ostacolo è apparso ai tuoi occhi stanchi e luccicanti. Nessuno di voi
sarebbe sopravvissuto a lungo. Occorreva cercare aiuto.
Dove?
La Georgia del Sud, dove sostavano i
balenieri. Là sarebbe stata la salvezza e la fine dell’incubo.
Ma come?
Un’altra attraversata di quel mare
infernale.
L’alito della morte di nuovo sulla pelle
umida e salata.
Eppure, che altro ti restava da fare, se
non affidare a Dio quegli uomini fedeli e coraggiosi, abbandonandoli
sull’isola, e prepararti a partire, sulla James
Caird, insieme ad altri tre uomini, che ti avrebbero seguito nel tuo ultimo
viaggio della speranza?
Sei partito, quindi, salutando un’ultima
volta i superstiti rimasti a terra.
Li avresti rivisti?
Dovevi, o sarebbero morti di stenti. La
carne di foca non sarebbe durata per sempre, le condizioni erano terribili,
quasi quanto le tue, su quelle misere assi di legno che ti avrebbero condotto,
con un po’ di fortuna, alla terra della salvezza, all’isola dei balenieri, dove
avresti finalmente lanciato l’allarme.
Saresti tornato a prenderli con una nave,
hai promesso.
E avresti mantenuto.
Ernest era uomo di parola!
Viaggio terribile, faticoso, arduo e
indimenticabile. Popolerà i tuoi incubi per sempre. Ma non era quello il
momento di arrenderti, non ora che la salvezza era così vicina. Potevi
allungare la mano e sfiorarla, sentirne quasi l’odore tra il salmastro che
affondava nelle tue narici da giorni, settimane, mesi. L’odore del mare,
l’odore dell’avventura.
L’odore della morte.
«A mezzanotte ero al timone ed improvvisamente ho notato una
linea nel cielo tra il sud ed il sud-ovest. Ho chiamato gli altri uomini ed ho
detto loro che il cielo si stava schiarendo ma un momento dopo ho capito che
avevo visto non un varco tra le nubi, ma la cresta di un'enorme onda. In tutti
i miei 26 anni di esperienza negli oceani non avevo mai incontrato un'onda così
gigantesca. Era un poderoso sollevamento dell'oceano, superiore al solito mare
schiumoso, nostro nemico instancabile da giorni. Ho gridato, “In nome di Dio,
tenetevi! È sopra di noi!” Poi venne il momento dell'attesa, che è sembrato
durare ore. La bianca schiuma del mare era tutta intorno a noi. Abbiamo sentito
la nostra barca sollevarsi e vacillare come un sughero sulla cresta dell'onda. Eravamo in
balia del mare, ma in qualche modo la barca è riuscita a resistere mezza piena
d'acqua incurvandosi sotto il peso e fremendo al colpo. Abbiamo utilizzato
l'energia degli uomini che combattono per la vita, lanciando l'acqua fuoribordo
con ogni mezzo e dopo dieci minuti di incertezza abbiamo sentito la barca
ritornare alla vita.» (Ernest Shackleton)
Quindici
lunghi giorni in balia della furia degli elementi.
Quindici
giorni di angoscia.
Poi, terra.
Ma sei
giunto in piena notte, non ti sei fidato ad avvicinarti.
E, di
nuovo, sventura.
Tempesta,
uragano, venti acuti e sferzanti hanno minacciato di capovolgere la barca, proprio
ora che la terra era lì, di fronte a te.
Di nuovo,
non hai potuto fare altro che resistere, lottando come una tigre.
Finalmente,
placata la tempesta, il 10 maggio sei sbarcato.
«Tuttavia, assicurai la fune che teneva la barca, ed in pochi
minuti eravamo tutti in salvo sulla spiaggia, con la barca che galleggiava
nell'acqua agitata a pochi metri da riva. Abbiamo sentito uno scroscio che era
musica per le nostre orecchie e, guardato intorno abbiamo scorto un piccolo
ruscello d'acqua dolce quasi ai nostri piedi. Un istante dopo eravamo in
ginocchio che bevevamo acqua pura, acqua gelata a grandi sorsi che infondeva
nuova vita dentro di noi. Fu un momento splendido.» (Ernest Shackleton)
Era fatta,
dunque. Oppure no?
No.
La stazione
dei balenieri si trovava esattamente dalla parte opposta dell’isola.
Due le
scelte: circumnavigare l’isola, rischiando di sfracellarti contro gli scogli
tra quelle acque pericolose, oppure attraversare le montagne innevate e i
ghiacciai.
Morte quasi
certa in entrambi i casi.
Che fare?
Hai scelto
la montagna, mettendo in atto la prima esplorazione assoluta di quei giganti
maestosi ancora inesplorati, perché questo eri, un uomo che si avventura laddove
nessuno aveva ancora osato spingersi.
Un eroe.
Un mito che
non sarà mai dimenticato.
Via,
dunque, inerpicandosi per quelle impervie alture, con mezzi rudimentali,
patetici per quelle altezze. Gli alpinisti odierni, dotati di ogni comfort per
scalare le cime che conducono a Dio, affermano che l’hai fatto perché dovevi.
Semplicemente.
«Non so come lo fecero, se non perchè dovevano. Tre uomini
dell'eroica era dell'esplorazione dell'Antartide, con
(Duncan Carse, esploratore britannico)
Senza
tenda, senza sacchi a pelo, come pelliccia nient’altro che il tuo coraggio, hai
percorso
L’ennesimo
inferno, l’ennesima sfida, superata brillantemente.
Il 20
maggio, fai il tuo ingresso nella stazione dei balenieri.
Un
fantasma, forse, agli occhi increduli degli uomini presenti.
"Dopo 17 mesi di isolamento tra i ghiacci i tre uomini
avevano i capelli alle spalle, le barbe sporche di salino e di fumo d'olio di
foca; gli abiti sporchi, consumati e laceri. [...] Il direttore della fabbrica
Theoralf Sørlle [...] Quando scorse i tre uomini indietreggiò di un passo e
un'espressione incredula apparve sul suo viso. Rimase a lungo in silenzio prima
di mormorare <<Ma voi chi diavolo siete?>>. L'uomo al centro fece
un passo avanti <<Il mio nome è Shackleton>>, rispose con voce
sommessa. Di nuovo ci fu un grande silenzio, qualcuno disse che in quel momento
Sørlle si voltò e pianse>>
Non c’era
tempo da perdere, ora. Ci sarebbe stato tutto il tempo per le lacrime, i
pensieri, le note sui diari.
Ora, avevi
22 uomini da salvare.
Ostinato,
caparbio, hai trovato la nave e affrontato di nuovo il ghiaccio per l’ultima,
dannata parte di quell’avventura ai confini della realtà.
È il 30
agosto quando, finalmente, rimetti piede sull’Isola dell’Elefante.
È un
miracolo.
Sono tutti
vivi.
Non
aspettavano che te.
Piangono,
gioiscono, ti salutano come il loro eroe, assoluto e incontrastato.
«Curiosamente non riconobbero Worsley, che li aveva
lasciati barbuto e sporco ed era ritornato pulito
e rasato. Pensavano che fosse uno dei balenieri.
[...] Successivamente capirono che stavano parlando con l'uomo che era stato
loro compagno di avventura per un anno e mezzo.»
Così si è
concluso questo viaggio incredibile, un viaggio che avrebbe dovuto donarti
gloria eterna per l’attraversamento del Continente inesplorato.
Te ne portò
ugualmente, forse molta di più.
Non ti sei
arreso, hai lottato fino allo stremo.
Questo
piccolo tributo va a te, eroe indimenticato e indimenticabile, esempio di
perseveranza, rettitudine, sapienza e coraggio.
Uno su
mille, questo eri.
Nessuno,
oggi, è come te.
Assolutamente
nessuno.
Il rammarico non sta tanto nel dover morire, ma nel
fatto che nessuno saprà mai quanto vicini siamo stati a salvarci.
Non importa se le
probabilità sono poche; quando un uomo affida la sua ultima speranza di
salvezza a un’impresa, è difficile che perda poi facilmente la sua fiducia.
Ma sulla terra non
c’è creatura di Dio che, se pervicacemente provocata, non reagisca cercando di
combattere, per disperata che sia la situazione.
(Ernest
Shackleton)
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