NUBI DI PANNA
L’asfalto
grigio brucia, corre, fugge, sotto il sole impietoso che non concede respiro
nemmeno a lui.
Giornata
pazzesca, estenuante, la pelle arsa, rossa, bollente, gli occhi stanchi, il
desiderio folle di una doccia tiepida per lavare via sudore, stanchezza,
pensieri opprimenti.
Volgo lo
sguardo al cielo, alla ricerca di qualcosa, non so esattamente cosa.
Nuvole
ammucchiate, bianchissime.
Panna
montata.
La
bellezza sconcertante di Madre Natura.
Qualche
nube grigia le oscura, ma poi se ne va.
Tornano a
splendere, accecanti sotto la luce del sole.
Il bianco
si fa più bianco, il respiro si azzera, il pensiero si annulla.
Non le
perdo di vista e volo con la fantasia. Mi penso lassù, al di sopra della
miseria, al di sopra della nuda terra, al di sopra della mia tristezza
infinita.
Mi penso
lassù, immagino che sia davvero panna.
Mi immergo
in quello zucchero aereo, assaggio, volo, volteggio, instancabilmente felice.
La vita
tra le nuvole, di nome e di fatto.
E capisco
il nostro bisogno di raggiungere altezze maestose, il desiderio di salire,
salire, salire, senza mai fermarsi.
Via dalle
lotte inutili.
Via dal
dolore.
Aria è
respiro.
Aria è
libertà.
Aria è
vita.
Nuvole di
panna, soffice cuscino per sfiorare Dio con un dito.
Chissà che
aspetto ha.
Chissà che
mi direbbe.
Una birra
insieme, forse, comodamente adagiati su morbida panna.
Ma no,
sono astemia.
Lui forse
no.
Appollaiati
lassù, assaggiando nuvole zuccherine, chiacchierando della vita, scrutando il
mondo dall’alto.
Per una
volta.
Una sola
volta.
E provare
a capire ciò che qui, appollaiato su un tronco, capir non ti riesce.
Lui
avrebbe la spiegazione.
Forse il
trucco sta tutto nelle nubi di panna.
Provare ad
immaginare reale ciò che non lo è.
Provare a
vedere tutto con gli occhi di un bambino.
E
librarsi, e volteggiare, e volare, senza pensare.
Nuvole di
panna.
Han molto
da insegnare.
Con o
senza Dio.
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